Il conflitto israelo-palestinese è una guerra coloniale

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Il conflitto israelo-palestinese è una guerra coloniale. Siamo europei e preferiamo ignorarlo. Aiutandoci con parole ed equiparazioni che ci permettono di rappresentare quel conflitto in altro modo. Per esempio, l’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre è stato un atto terroristico, un massacro di civili, un crimine di guerra. Non è stato un pogrom.

I pogrom furono violente sollevazioni popolari contro le minoranze ebraiche. Avvenivano con la connivenza delle autorità, nella Russia zarista e in Europa orientale. Gli israeliani in Palestina non sono una minoranza etnica o religiosa. Al contrario, sono il gruppo maggioritario, dominante. Fino a essere prevaricante. Per nulla confrontabile con le vulnerabili comunità ebraiche dell’est europeo. Hamas è, dal punto di vista degli Usa e della Ue, un’organizzazione terroristica. Non una folla di popolo che infierisce contro un capro espiatorio con il permesso della polizia. Chiamare pogrom il massacro compiuto da Hamas è un modo surrettizio e manipolatorio di contestualizzare. Dentro la storia, non del conflitto israelo-palestinese, ma dell’antisemitismo.

La comprensione del conflitto israelo-palestinese è spesso inquinata dall’analogia con la persecuzione antisemita nell’Europa dei nazionalismi. La scorrettezza dell’equazione è reciproca. Accusa gli israeliani di trattare i palestinesi come i nazisti trattavano gli ebrei. Ovvero, accusa i palestinesi di essere i nuovi nazisti antisemiti.

Israele è in relazione con la persecuzione e lo sterminio degli ebrei. Perché, nel dopoguerra, le potenze vincitrici, impressionate dalla shoah, acconsentirono alla nascita dello stato ebraico nel 1948. Come rimedio alla colpa. Di non aver saputo o voluto salvare gli ebrei dall’Olocausto. E di tutta la tradizione antigiudaica e antisemita europea sfociata nei campi di sterminio.

Tuttavia, a espiare la colpa europea furono gli arabi-palestinesi. Costretti a lasciare la loro terra, per fare spazio allo stato d’Israele. Da allora, fino a oggi, gli europei hanno proiettato i loro spettri sugli arabi e sui palestinesi. Con ciò, aiutandosi a rimuovere la questione palestinese. La realtà di un popolo profugo. Che non può farsi stato. E neppure può essere integrato nel nuovo stato ebraico, a parte una minoranza. Situazione rilanciata dall’occupazione israeliana di Gaza e della Cisgiordania, all’origine di un conflitto attuale, che dura dal 1967.

Non potersi autodeterminare non è una formalità giuridica. Significa non essere liberi. Di avere una casa, coltivare, pescare, lavorare, commerciare, muoversi, disporre delle minime condizioni sedentarie dei paesi civili. La corrente elettrica, il carburante, l’acqua potabile, il cibo, l’istruzione, l’assistenza sociale e sanitaria. Non in assoluto, ma in modo esiguo e precario. Queste cose, lo stato occupante te le concede o te le toglie a sua discrezione. Secondo la propria volontà o la volontà di espansione dei coloni. Se ti ribelli, ti può arrestare e trattenere in carcere per anni, senza accuse e senza condanne, in detenzione amministrativa. Oppure, può ucciderti. Fisicamente, sparandosi addosso. Moralmente, marchiandoti come antisemita.

Occorre dire che, in modo speculare, è fuorviante equiparare Israele alla Germania nazista. Non solo perché – e sarebbe già sufficiente a fare la differenza – Israele non persegue la soluzione finale del popolo palestinese. Non mette i palestinesi nei campi di sterminio, nelle camere a gas, nei forni crematori. Ma anche perché la violenza antisemita del nazismo era astratta da qualsiasi contesa. Contro un colpevole immaginario. Spacciato per la sola identità etnica e religiosa. Senza scampo. Neppure la resa incondizionata poteva salvare gli ebrei. La resa, la rinuncia alla terra, invece, può salvare i palestinesi.

Israele è paragonabile al nazionalismo e al colonialismo europei. Imitati con l’idea di salvarsi dalle nazioni europee che rifiutavano di integrare gli ebrei, considerati un corpo estraneo. Nazionalisti e colonialisti per necessità, gli ebrei sionisti e poi israeliani finirono per opprimere i palestinesi. Come altri coloni europei oppressero i popoli nativi delle Americhe, dell’Australia, dell’Asia, dell’Africa. Guerre coloniali rappresentate come missioni civilizzatrici. Israele non è la vittima che assume le sembianze del suo carnefice. È la storia residuale del colonialismo europeo.