Ritirarsi non è un’umiliazione

  • Autore dell'articolo:
  • Categoria dell'articolo:Mondo

Hanno ragione i russi. Ritirarsi da Kherson non è un’umiliazione. I russi lo dicono, per intenderlo in senso tattico, perché condividono la stessa mentalità di chi li vuole umiliati. La forma mentale testosteronica che induce i soldati a uccidere e farsi uccidere per l’onore, l’orgoglio e a vergognarsi del contrario.

Invece, può essere detto forte per principio. Ritirarsi da un campo di battaglia è una scelta da portare alle stelle, perché preserva le persone e le cose dalla morte e dalla distruzione. Arrendersi o fuggire in guerra non è disonorevole, lo insegna il codice cavalleresco. Ad ogni modo, senza bisogno di insegnamenti, possiamo pensarla come la migliore delle scelte. La più istintiva, perché conserva la vita, la più razionale, perché qualsiasi ideale, per potersi realizzare, ci vuole vivi e in salute.

Dicono gli americani che nella guerra in Ucraina finora sono morti centomila russi e centomila ucraini. Duecentomila giovani morti per niente. Il revanscismo imperiale, l’ordine unipolare, la fobia difensiva, il confine, il pezzo di territorio, il nazionalismo. Motivi sbandierati dalle elite che, per la propria ricchezza e il proprio potere, mandano allo sbaraglio i popoli, bruciano la gioventù. Qualunque atto, collettivo o individuale, che vada nel senso contrario a questo insensato massacro è da esaltare. Dalla ritirata alla diserzione.

I russi vorranno stabilire una nuova linea difensiva. Quella sul fiume Dnepr. Gli ucraini galvanizzati dalla vittoria, grazie alle armi americane, vorranno avanzare ancora. Così, si prospettano altri mesi di orrore. Con il rischio di un nuovo ribaltamento delle parti, come accade nelle guerre di posizione, o di una interminabile guerra d’attrito, oppure di una controffensiva ucraina sempre più incisiva, che metterà i russi di fronte al dilemma. Se accettare la sconfitta o far valere la loro potenza distruttiva. Un’incognita che investe il mondo, perché la guerra può diventare mondiale.

Anche gli occidentali, in particolare gli americani, possono adesso fare la scelta migliore. Ritirarsi, senza neanche temere un’umiliazione. Cioè, finirla di alimentare la guerra con le loro armi, far divampare l’incendio con la loro benzina, e decidere finalmente che adesso basta. È tempo di gettare acqua sul fuoco, spegnere gli ardori nazionalisti e militaristi, comunque giustificati, e puntare sul serio sul cessate il fuoco e il negoziato subito. Perché, nella guerra ucraina non è in gioco nessuna causa che valga una vita in meno, un ragazzo su una sedia a rotella, una famiglia distrutta, un’ospedale, una scuola, una fabbrica, una casa devastati.