Bombe a grappolo Usa per l’Ucraina

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Gli Usa forniranno bombe a grappolo all’Ucraina. Ordigni bellici di piccole dimensioni (mine anticarro, piccole bombe a frammentazione) che, separandosi dall’ordigno primario, colpiscono i diversi bersagli dislocati su una vasta zona. Progettate per esplodere all’impatto con il bersaglio o con il suolo, una parte rimane inesplosa, interrata e invisibile. Formando campi minati molto pericolosi per la popolazione civile. Secondo i produttori, gli ordigni malfunzionanti sarebbero il 5%. Ma in Libano, nel 2006, la percentuale ha raggiunto il 25%. Uguale e anche peggio in altri conflitti. Più del 90 per cento delle vittime delle bombe a grappolo sono civili, tra cui molti minori. Perciò, nel 2010, una convenzione dell’ONU ha bandito l’uso delle bombe a grappolo.

A dire del Pentagono, sarebbero cluster bomb ottimizzate, imperfette solo al 2,35%, ma l’affermazione non è accompagnata da nessuna prova. Inoltre, la stessa legge degli Usa, che pure non aderiscono alla convenzione dell’Onu, vieta di esportare ordigni malfunzionanti oltre l’1%.

Gli alleati europei sono un po’ critici e un po’ comprensivi. L’Italia ha ricordato la propria adesione alla convenzione ONU e, al tempo stesso, ha rimarcato che le bombe a grappolo sono usate dalla Russia, da sempre. Ed è vero, come è vero che sono usate da sempre dagli Usa e da Israele. Ma l’uso di queste armi, da parte di questi stati, è un crimine sensato. Perché corrisponde al punto di vista dell’aggressore, che vuole causare, o non si cura di evitare, danni alla popolazione civile di paesi e popoli aggrediti. Invece, qual è il senso dal punto di vista degli aggrediti, in una guerra che si combatte in casa loro? Perché, fare del proprio territorio un campo minato per la propria gente? Il governo ucraino, per quel che vale, si è impegnato per iscritto a non usare le cluster bomb in territorio russo.

Possiamo darci due spiegazioni.

  • Il governo e l’esercito dell’Ucraina, pur di liberare il paese dall’invasione russa, non esitano a rischiare il sacrificio della propria popolazione. Se è giusto e necessario, morire per la patria, la libertà, la sovranità, l’indipendenza, etc., anche i civili devono affrontare il rischio come potenziali vittime collaterali, presenti e future, delle proprie stesse armi, utili a cacciare l’invasore.
  • Il Donbass, per confini politici e amministrativi, è territorio ucraino, ma per composizione nazionale e linguistica è terra russa o russofona. A saltare sulle mine inesplose, saranno le persone di una popolazione civile più russa che ucraina. In effetti, rispetto al Donbass, il punto di vista di Kiev è più prossimo a quello degli aggressori che a quello degli aggrediti.

Come che sia, una guerra difensiva contro la Russia, combattuta dall’Ucraina con il sostegno occidentale, in nome del diritto internazionale, viene ora armata con ordigni illegali e criminali, perché sia gli ucraini che la Nato sono a corto di munizioni. Giustificazione che, però, può valere anche per la Russia.