Genocidio a Gaza il Sudafrica accusa Israele

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Il Sudafrica ha denunciato Israele per genocidio alla Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite. Secondo il Sudafrica, la guerra israeliana condotta nella Striscia di Gaza costituisce genocidio nei confronti dei palestinesi. Prima ancora di una condanna per genocidio, il Sudafrica punta ad ottenere dalla Corte Internazionale di Giustizia un ordine di cessazione delle operazioni militari. Per prevenire il genocidio.

Le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia sono vincolanti. Ma la Corte non ha i mezzi per applicarle. Le sue decisioni dovrebbero essere recepite dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma in quella sede è molto probabile che il veto americano garantirebbe l’impunità di Israele. Tuttavia, la causa promossa dal Sudafrica contro Israele ha un impatto simbolico rilevante. Perché vede un paese del sud del mondo affidarsi al diritto internazionale e mettere alla sbarra un importante alleato occidentale. Che spesso si mette al di sopra di quelle regole e principi umanitari di cui l’Occidente vuole farsi alfiere in altre parti del mondo.

L’accusa di genocidio è molto difficile da sostenere sul piano giuridico formale. Perché è insufficiente mostrare che il crimine sia commesso. Occorre dimostrare che sia intenzionale. Infatti, la Convenzione del 1948 definisce genocidio gli atti «commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». In risposta al massacro di Hamas del 7 ottobre, che ha ucciso 1.200 israeliani, Israele ha bombardato, invaso la Striscia di Gaza e ucciso 25 mila palestinesi. Secondo l’Unicef, il 70% delle vittime palestinesi sono donne e bambini. Israele afferma di voler proseguire la guerra ancora per molti mesi, forse per più di un anno. Di qui, l’importanza di ottenere un ordine di cessazione delle ostilità da parte dell’Onu, che metta americani e europei di fronte alle proprie responsabilità.

Israele nega di volere massacrare la popolazione palestinese, anzi attribuisce ad Hamas l’intento di massacrare il popolo ebraico. Quindi rappresenta se stesso come vittima di genocidio. Israele intende le vittime civili palestinesi come effetti collaterali. Accusa Hamas di usare i civili come scudi umani. Assolve se stesso con i preavvisi alle zone che vuole bombardare e gli ordini di evacuazione.

Rappresentazioni molto dubbie, perché nella Striscia di Gaza non esistono zone sicure in cui rifugiarsi. Neppure la popolazione può oltrepassare i confini della Striscia e rifugiarsi in Egitto o scappare via mare. Il 7 ottobre, il primo ministro di Israele twittò dal suo account ufficiale: «Tutti i luoghi in cui Hamas è schierato, nascosto, o in cui opera, in quella città malvagia, li ridurremo in macerie. Dico ai residenti di Gaza: andatevene adesso, perché opereremo con la forza ovunque». Ma, Netanyahu sapeva bene che un posto dove i palestinesi di Gaza possono andare non c’è. Israele ha colpito ogni villaggio e non ha risparmiato scuole, ospedali, campi profughi, sedi dell’Onu e delle associazioni umanitarie.

L’accusa di genocidio sostenuta dal Sudafrica contro Israele fa leva su frasi come queste, per mostrare l’intenzione genocida. Frasi aggressive, violente, pronunciate dai dirigenti del governo e dell’esercito israeliano. Dichiarazioni che esprimono disprezzo per i palestinesi e la volontà di infliggere loro una punizione collettiva. Per esempio: «là fuori (nella Striscia di Gaza) c’è un’intera nazione che è responsabile» (Isaac Herzog, il presidente di Israele); «stiamo combattendo con animali umani, e agiamo di conseguenza» (Yoav Gallant, il ministro della Difesa). Frasi che potrebbero essere considerate reazioni emotive dette a caldo, dopo l’attentato terroristico di Hamas. Che però, hanno poi avuto ampio riscontro nella conduzione della guerra. Nel governo e nell’esercito israeliano possono convivere pulsioni genocide e pura e semplice indifferenza alla sorte dei civili.

L’accusa di genocidio a Israele sembra indegna a parte dell’opinione pubblica democratica, soprattutto filoisraeliana. Perché rovescerebbe sugli eredi delle vittime della Shoah l’accusa del crimine di cui sono stati vittime gli ebrei. In effetti, si è spesso trattato di un motivo retorico di individui e gruppi antisemiti, compiaciuti di poter ribaltare sugli ebrei le intenzioni di sterminio dei nazisti.

Però, questo è un problema nostro. Di noi europei, che portiamo la responsabilità del genocidio degli ebrei. Per noi è indicibile l’accusa di genocidio rivolta a Israele, perché il nostro senso di colpa nei confronti degli ebrei non ce la consente. Ed è comprensibile, se non giusto, che noi europei, di fronte agli ebrei, manteniamo una postura depressiva, anche se non dovremmo spingerla fino al punto di permettere dei crimini allo stato che si intesta la definizione di ebraico. Comunque questi crimini vogliamo definirli. La punizione collettiva di Gaza rimane inammissibile, anche senza essere genocidio.

La questione, invece, è estranea al Sudafrica e ai paesi extra-occidentali. Questi paesi non possono sentire la responsabilità dell’Olocausto, perché non l’hanno commesso loro, né l’hanno favorito. Perciò, nei confronti del concetto di genocidio hanno un approccio laico, senza tabù. Africani, asiatici, latino-americani sanno riconoscere che i fascisti di qualsiasi stato, religione e nazionalità possono arrivare a voler risolvere un conflitto con un genocidio. La storia del Sudafrica è la storia dell’apartheid. Che riconosce una similitudine nella condizione dei territori palestinesi occupati. Un apartheid sostanziale, dove i coloni israeliani rispondono alla legge civile di Israele e i residenti palestinesi rispondono alla legge militare di Israele. Tant’è che, abolito l’apartheid in Sudafrica, l’allora presidente e leader nazionale Nelson Mandela affermò: «Sappiamo bene che la nostra libertà è incompleta senza la libertà dei palestinesi».